La qualità delle mense in Italia è sempre stata oggetto di critiche, ma è sempre stato dato un occhio di riguardo alle mense delle scuole elementari. Già nel 1999 venne creata una legge che imponesse l’uso di cibi biologici, tipici e tradizionali alle mense scolastiche ed ospedaliere di tutta Italia.
In questo documento si riconoscono alcuni criteri fondamentali per il servizio mensa, come la necessità che i prodotti siano stagionali, rispettando il calendario di Madre Natura. Frutta, verdure e ortaggi, legumi, cereali, pane e prodotti da forno, pasta, riso, farina, patate, polenta, pomodori, formaggio, latte Uht, yogurt, uova, olio extravergine devono provenire per almeno il 40% da produzione biologica.
In quella stessa legge si stabilisce una gara di appalto tra le aziende per potersi aggiudicare il servizio di ristorazione, gara che non dovrebbe seguire il principio del minimo ribasso, come spesso accade, ma quello del miglior rapporto qualità/prezzo. Ciò vuol dire che la genuinità e la qualità di quello che viene servito a tavola non dovrebbe mai essere posto in secondo piano in nome del risparmio.
Varie regioni come Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Marche, Basilicata e Veneto hanno poi varato delle leggi regionali che prevedono dei contributi per tutti quei Comuni che utilizzano elevati quantitativi di prodotti bio. Altre regioni invece hanno imposto loro stesse dei canoni più rigidi, come l’Emilia Romagna, dove dal nido fino alle elementari non sono ammessi cibi che non siano certificati come biologici.
Sulla Gazzetta Ufficiale sono stati pubblicati i “Criteri ambientali minimi per il servizio di ristorazione collettiva e la fornitura di derrate alimentari”, previsti nell’ambito del ‘Piano d’Azione’ per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della Pubblica Amministrazione (il cosiddetto Green Public Procurement).